Sono i monaci che seguono la regola di san Benedetto da Norcia (Norcia, 480 circa – Montecassino, 21 marzo 547).
Chiamati in abbazia a San Nazzaro dal vescovo Riprando nel 1040, si sono avvicendati nella cura delle anime e nel rendere abitabili le nostre terra, una volta paludose ed inospitali, fino a trasformarle nel territorio che oggi abitiamo. Hanno costruito i primi canali, regimato le acque, dato slancio all’agricoltura, oltre ad aver coltivato la cultura, facendo dell’abbazia un gioiello acclamato già in epoca medievale.
Non sappiamo se sia esistito un capitolo, ma sappiamo che l’abate, il capo dei monaci, poteva prendere decisioni autonomamente. Si sono succeduti molti abati (ne esistono differenti elenchi, molto simili tra loro) che, fino al Barbavara, sono stati “Regulares”, ovvero residenti in abbazia e dediti alla stessa in modo diretto, senza intermediari. Dal successore di Barbavara fino alla soppressione abbaziale con le vicende napoleoniche, gli abati divennero “Commendatarii”, ovvero non più residenti più in abbazia, ma alti prelati, vescovi, cardinali, che ricevevano il titolo più per onore (e per goder delle rendite abbaziali) che non per ‘mandato’. Ciò nonostante alcuni di essi, come ad esempio l’abate Vincenzo Filippo Confalonieri, furono molto importanti per lo sviluppo delle attività abbaziali, e per la realizzazione di importanti opere a servizio della collettività sannazzarese.
Carlo Michele Giulino (canonico archivista della curia vescovile di Novara, 1723 ca – 1792) evidenzia che dall’anno 1550, durante l’amministrazione dell’abate Federico Cesio, non si hanno più notizie di monaci residenti a San Nazzaro Sesia. Circa venti anni dopo, infatti, viene istituita la parrocchia, sottostante alla curia di Vercelli. L’ultimo abate, Giuseppe Vivalda, fu in carica fino al 1801, anno della soppressione dell’ente abbazia.
Per scoprire di più sui monaci benedettini, consigliamo di visitare il sito dei monaci di Norcia.